Mese: Giugno 2018

Venezia, città di commerci, cosmopolita e multietnica

Penserete: “Vaneggi? Commerci ok, ma il resto?” In realtà nel passato Venezia, per l’innato spirito commerciale dei suoi cittadini, ha avuto la capacità di far convivere nella tolleranza reciproca molti rappresentanti di popoli e culti diversi (comunità ebraiche, turche, armene e di diverse origini), considerandoli una fonte di arricchimento del proprio patrimonio economico, politico e culturale. I “foresti” erano accolti a prescindere dalla classe sociale di appartenenza e del loro credo religioso e prendevano parte attiva alla vita della città a vari livelli. Strano vero? Sì, suona strano se pensiamo alla storia moderna.

Il commercio internazionale era il cuore della vita economica di Venezia e in città si sentivano le lingue e i dialetti del mondo. Qui vivevano (non solo transitavano) molti popoli. Venezia era in pratica la New York del XVI sec. e Rialto era Wall Street. Come la New York moderna, a Venezia c’erano i quartieri di diversi popoli: il ghetto ebraico, il fondaco dei turchi, l’isola degli armeni, etc…

Alcuni edifici, chiamati “fondachi” (dall’arabo funduq “casa-magazzino”) venivano riservati alle merci e all’alloggio dei mercanti stranieri. Il 16 agosto 1575, su richiesta dei turchi, il Senato Veneziano decretò di individuare uno spazio loro riservato, come quello degli ebrei e dei tedeschi. Inoltre furono costruiti un bazar e, secondo le tradizioni turche, una piccola moschea e dei bagni turchi.

Ma non solo questo! Venezia era la capitale dell’editoria, faceva leggere il mondo. Grazie al genio di Aldo Manuzio si stampavano libri in molte lingue. Per alcuni decenni Venezia diventa la capitale dell’editoria ebraica: vi si stampano la prima Bibbia rabbinica (1517) e il primo Talmud (1524-25) e per tutto il Seicento le Haggadot (libri rituali per Pesach) multilingue stampate a Venezia se ne andranno in giro per l’Europa. E allora, se Shakespeare ha ambientato “Il Mercante di Venezia” e le vicende di Bassanio e Shylock proprio a Venezia e non altrove, un motivo doveva pur esserci.

E lo sapete che pure il primo Corano è stato stampato a Venezia? Nel 1537-1538 i Paganini, che avevano visto il business di vendere il libro in migliaia di copie agli arabi presenti in città e non solo, stamparono per la prima volta il Corano. Il libro era creduto perso per sempre e fu trovato solo 30 anni fa nell’isola di San Michele. Il libro racchiude molte leggende e ve le racconterò 😎 in un prossimo post.

Gli orologiai di Torre dell’Orologio – Una meraviglia di ingegneria del XV secolo

I Rainieri erano una famosa famiglia di orologiai di Reggio Emilia. Quando nel 1493 la Signoria veneziana decise di sostituire il vecchio orologio a martello nell’angolo nord-occidentale della basilica marciana, i Rainieri si misero al lavoro, costruendo un capolavoro di tecnica e ingegneria tuttora funzionante. Si narra che, come ricompensa per l’eccellente lavoro svolto, fosse stato ordinato che padre e figlio Rainieri fossero accecati per non poter mai replicare l’opera altrove.

Le colonne del Palazzo Ducale

Le due colonne rosa di Palazzo Ducale e la falsa speranza della quarta colonna.
Guardando le colonne del primo loggiato di Palazzo Ducale, si possono facilmente individuarne due di colore differente dove, tradizione vuole venissero lette le sentenze capitali. Si narra però che venisse offerta al condannato un’ultima speranza: sul lato del palazzo che dà sulla laguna è ancora oggi presente una colonna (la quarta cominciando dall’angolo) che appare leggermente fuori allineamento rispetto alle altre. Chi fosse riuscito a girar intorno alla colonna senza cadere dal basamento avrebbe potuto ottenere la grazia. Sembra facile, ma anche appoggiando la schiena alla colonna e provando a strisciare sulla sua circonferenza, c’è sempre un punto critico in cui si perde l’equilibrio. Provare per credere!

Le Cortigiane a Venezia: Donne libere (una storia moderna)

Essere cortigiana nel XVI sec a Venezia significava sottrarsi all’alternativa sposarsi o andare monaca: allora entrambe potevano essere due gabbie!
Non era la Venezia del Settecento, libertina e priva di inibizioni. La città di due secoli prima, invece, aveva una doppia morale e le donne di buona reputazione erano praticamente segregate. Una ragazza da marito usciva di casa per andare a messa. Usciva velata in modo che non si vedesse il viso e accompagnata dai maschi di casa (vi ricorda qualcosa? Non vi ricorda temi attuali?). E anche una volta sposate, «i signori tappano le loro donne tra le pareti domestiche come polli nella stia», scriveva il Croyat. Quindi non ingannatevi se vedete i quadri di allora con donne che mostrano scollature vertiginose, quella era solo la moda. Ma, a parte le usanze familiari, la Venezia della Serenissima era una Repubblica dalle larghe vedute e non ostacolava le cortigiane, anzi.
Fare la cortigiana significava prima di tutto poter disporre liberamente di sé, del proprio corpo e del proprio tempo, leggere e studiare, tutte cose negate anche alle gentildonne di rango più elevato. L’universo femminile veneziano era sdoppiato: da un lato le donne tappate in casa o in monastero, da un altro quelle che avevano visibilità e una maggior dose di libertà, ovvero le cortigiane. Gli uomini facoltosi amavano stare con le cortigiane, non solo per le doti amatorie ma anche perché le cortigiane, che erano donne colte, conoscevano più lingue e suonavano gli strumenti musicali erano quindi una piacevole compagnia….ma questa è un’altra storia che vi racconterò al prossimo post 😉. Non so voi, ma a me le cortigiane stanno proprio simpatiche!!

Il Ponte dei Pugni

Il nome del Ponte dei Pugni è legato ad un’antica tradizione di Venezia , la Guerra dei pugni. Gli abitanti di due fazioni avverse, i Castellani di S.Pietro di Castello e i Nicolotti di S. Nicoló dei Mendicoli, si scontravano a “pugni” sulla parte superiore del ponte. Fino al XVIII secolo i ponti erano sprovvisti di parapetti, quindi lo scopo della lotta era buttare in canale l’avversario.
Vinceva la squadra che riusciva a tenere i suoi uomini sul ponte. Le autorità non ostacolavano la battaglia, anzi. Circa 300 sfidanti per ciascuna fazione si riunivano ai piedi del ponte per combattere con bastoni ma soprattutto pugni! I curiosi erano moltissimi e si affacciavano dalle finestre o assistevano da barche.