Mese: Agosto 2018

I Leoni dell’Arsenale

  

L’ARSENALE DI VENEZIA E LA LEGGENDA DEI LEONI

L’Arsenale di Venezia era un posto fondamentale per la vita della città. Era una vera e propria città nella città. Era il luogo che permetteva a Venezia di dominare i mari militarmente e commercialmente. All’entrata militare dell’Arsenale ci sono ben 4 leoni (non uno!) a simboleggiare l’importanza del posto.  Un posto del genere è ricco di leggende. Una di queste narra proprio dei leoni posti a guardia dell’ingresso.
I leoni più grandi sono bottino di guerra e vengono da Atene e portano incise delle inscrizioni runiche. Uno dei due più piccoli viene da Delos, a memoria della vittoria di Corfù nel 1718.
La leggenda è ricca di magia! I protagonisti sono un mago, un eroe ed i leoni… se siete pronti ad ascoltare ve la racconto.
La leggenda narra che nel novembre 1719, dopo una tempesta durata un paio di giorni, furono rinvenuti proprio vicino al portale dell’Arsenale i corpi orribilmente dilaniati di due marinai, uno greco e l’altro maltese… sembravano essere stati straziati da una belva.
Le autorità cercarono di sapere se per caso qualche belva fosse fuggita da qualche serraglio, ma nulla. La gente aveva paura e si cominciò a parlare di magia, dei leoni dell’Arsenale, del luogo. La sorveglianza della zona venne affidata alla Marina (che ancora sorveglia la zona) e al Capitano Enrico Giustinian.
Dopo circa una settimana altra notte di tempesta e un nuovo corpo orribilmente squarciato, quello di tale Jacopo Zanchi, una sorta di perdigiorno, persona poco affidabile come la moglie, prostituta a tempo perso.
Tutte le vittime abitavano poco distanti dal luogo del ritrovamento e quest’altro evento fece aumentare il terrore nei residenti locali.
Un giorno proprio il capitano Enrico Giustinian vide in calle una scenata fra la vedova del Zanchi e un vecchio mercante con fama di usuraio, chiamato Foscaro. La vedova stava insultando l’usuraio che le sibilò “Vedremo dove finirà la tua baldanza la prossima notte di tempesta”.
La successiva notte di tempesta il capitano Giustinian si nascose vicino all’entrata dell’Arsenale e attese di guardia con la sua spada. Passarono le ore e infine, tra mezzanotte e l’una, sempre sotto la pioggia battente e il vento, un arco di fuoco arrivò dalle case vicine e letteralmente materializzò il vecchio Foscaro vicino ai leoni più grandi. Egli girò attorno ad uno di questi, sfiorando con le dita l’inscrizione runica e contemporaneamente pronunciandone il significato in questa lingua misteriosa. In quel momento un globo luminoso si formò sul portale e un primo fulmine colpì il leone seduto che prese lentamente vita, enorme e feroce.
Proprio in quell’istante la vedova del Zanchi, accompagnata da un’amica, girò l’angolo della riva e, mentre un secondo globo con un secondo fulmine colpiva l’altro leone, il primo stava già azzannando ferocemente una delle due donne.
Il vecchio usuraio osservava la scena, impassibile, continuando a pronunciare parole misteriose e toccando le rune. Scossosi dal terrore e dalla nenia magica il Capitano sguainò la spada e colpì il vecchio al petto, proprio mentre un terzo fulmine colpiva il terzo leone.
Con uno spaventoso ruggito e un lampo accecante tutto tornò all’istante come prima: i leoni al loro posto, immobili, l’amica della vedova, morta sbranata, immersa nel suo sangue. Del vecchio rimase solo un cuore di pietra accanto alla spada che era caduta sui masegni.
La testa del terzo leone era ancora viva e ruggiva e si muoveva disperatamente ancorata com’era ad un corpo di pietra, per cui il Giustinian lo decapitò. La testa non cadde ma esplose letteralmente, spandendo intorno una sostanza nerastra.
Le successive indagini dimostrarono che il vecchio era uno stregone ed era stato imbrogliato da Zanchi, per cui aveva voluto vendicarsi. La vedova venne rinchiusa in manicomio perché era impazzita e la testa del terzo leone venne sostituita, come si può vedere ancor oggi.
La leggenda forse è legata a qualche elemento di verità; infatti se andate all’arsenale, osservate il leone grande posto alla sinistra dell’ingresso e cercate le rune: sono ancora lì. Poi andate a vedere il terzo leone, verso il canale… la testa è di un colore diverso!
Vera o non vera, questa leggenda è pur sempre suggestiva e il mistero è comunque intriso in questo luogo fantastico, ricco di elementi antichi e forse (per chi vuole crederci) magici.
Questa è Venezia, ricca di mistero e magia in molti angoli della città. Le sue leggende possono vedere, toccare e magari, chiudendo gli occhi, rivivere in una sorta di viaggio nello spazio e nel tempo!

L’Arsenale di Venezia

L’Arsenale di Venezia era il cuore pulsante della Repubblica Serenissima che basava i suoi successi sulla potenza navale e sui commerci. Le navi venivano costruite a Castello, all’Arsenale, completamente circondato da mura alte in modo che nessuno potesse spiare all’interno. Il nome “Arsenale”, diversamente da quel che si può pensare, deriva da “arsene” che erano gli squeri dove si costruivano le imbarcazioni.
Pensate che la superficie dell’Arsenale era, ed è, circa un decimo di quella della città di Venezia perché oltre all’Arsenale c’erano pure squeri sparsi in città (uno di questi, il primo e più importante, era ai Giardini reali); da questo si capisce l’importanza che veniva data alla costruzione delle navi.
Immaginate per un attimo di tornare all’epoca della Serenissima, alla fine del 1500, e di passeggiare per la riva degli Schiavoni. La riva era sovraffollata di gente perché era l’imbarco per il mitico Oriente, per la via della seta; il canale d’uscita dell’Arsenale era un continuo vociare dei marinai e delle navi che uscivano pronte a salpare, nuove di zecca, molte per commerci ma anche per fronteggiare il nemico… che allora era costituito dai Turchi. Pensate che ai tempi della battaglia di Lepanto si riuscivano ad armare anche venti galere al giorno! Immaginate che trambusto! Si dice che a regime ci lavorassero tremilaottocento uomini in ottanta cantieri aperti!!! Anche questa è un’immagine indescrivibile.
L’Arsenale era completamente autonomo: oltre alle navi venivano create le vele, le gomene e tutto quanto poteva servire ad armarle. Pensate al formicolare di tagliatori, squadratori, lattonieri, stagnini, fabbri, fonditori, muratori, pompieri, falegnami, calafati, cordai. L’andirivieni di armaioli, maestri d’ascia, tessitrici di vele e filatrici di canapa, magazzinieri, fornai per la produzione del “biscotto”. Dentro l’arsenale c’erano dei forni enormi per sfamare non solo gli operai ma anche per caricare le dispense sulle navi pronte a partire. Una città dentro la città, tutti i mestieri erano presenti.
Immaginatevi ora a camminare dentro i padiglioni (ancora oggi visitabili entrando dai bacini o dalla biennale) dove si assemblavano le galeazze, le galere da trasporto… immaginate la fatica degli uomini a caricare i cannoni, l’odore del legno, della pece, del sudore degli uomini.
L’Arsenale di Venezia era il pulsare della città, senza di esso Venezia non sarebbe diventata un impero. L’arsenale dava lavoro non solo a Venezia ma anche a tutto il territorio in terra ferma. Pensate al legno che veniva utilizzato per costruire le navi! Arrivava in laguna via acqua. Tronchi di faggio, abete, rovere, larice trascinati dai battellieri fin dal Cadore, dal Cansiglio, dal Montello ma, si dice, anche da Istria e Dalmazia.
Pensate all’organizzazione che c’era dietro, alle menti che gestivano queste enormi quantità di materiale; pensate però ai mezzi di allora (non c’era Internet, computer o cellulari per gli ordini). Capacità gestionali incredibili! Tutto gestito ovviamente con ferrea disciplina perché la Serenissima non si poteva permettere che la macchina si inceppasse. Non ci si potevano permettere ruberie: ai ladri venivano tagliate le mani, si bruciava un occhio a chi non sorvegliava con dovere, si impiccavano gli imbroglioni. Tutto veniva registrato e scritto nelle lapidi ai muri del cantiere con data, reato e sentenza… come monito. Metodi duri che oggi fanno inorridire. Ma la macchina doveva funzionare.
Il luogo vale la pena di essere visitato e, grazie a recenti restauri, compresa la torre dell’Arsenale, è anche molto ben conservato. L’attuale “Darsena Grande” un tempo era divisa in due darsene più piccole (come si vede dall’immagine) per avere più spazio dove costruire le galee.
L’accesso alla darsena non è così semplice e diretto: si accede o entrando dalla Biennale visitandola, o dalla fermata Bacini cercando di entrare dal varco pubblico in cui c’è un bar e una piccola mostra fotografica sulla storia dell’Arsenale.
L’imponenza e le dimensioni sono ancora oggi incredibili.

I Barbacani

Barbacani

Nel mondo il barbacane (o barbacana) è una struttura difensiva medioevale, che serviva come opera di sostegno, rinforzo o di protezione aggiuntiva rispetto al muro di cinta o alla fortezza vera e propria. I Veneziani, viaggiatori, osservavano e portavano in città queste invenzioni rivisitandole. E da questo nasce la genialità! Queste strutture di sostegno vennero reinventate in modo intelligente per le case veneziane, ma non come opere difensive bensì per allargare gli spazi abitativi senza restringere le calli che di per sé erano già strette.

I barbacani sono in pratica delle travi, in legno o pietra, che emergono al primo piano rispetto la facciata dell’edificio. In questo modo il primo piano e tutti i piani superiori possono usufruire di una superficie utile maggiore rispetto a quella disponibile a pian terreno.

Allo stesso tempo i barbacani forniscono una protezione dalle intemperie per i pedoni e per le attività commerciali collocate al pian terreno. Geniale!

La Repubblica di Venezia stabilì un limite massimo per la larghezza dei barbacani. I motivi erano essenzialmente due. Il primo era evitare che la distanza tra due edifici prospicienti fosse troppo ridotta perché altrimenti si favoriva la propagazione degli incendi, molto frequenti all’epoca. Il secondo motivo era garantire una sufficiente luminosità e salubrità nel caso delle calli più anguste, evitando di bloccare l’arrivo della luce del sole. A tal fine fu realizzato nella zona di Rialto, precisamente in Calle della Madonna, un “barbacane campione” in pietra d’Istria, tuttora visibile, recante incisa l’iscrizione “PER LA IVRIDICIOM DI BARBACANI”. Questo barbacane campione definiva la misura massima di sporgenza consentita per questo tipo di struttura.

Esempi di barbacani si possono osservare anche a Treviso e perfino a Bologna… l’idea è stata copiata ma gli esempi veneziani sono unici per quantità, qualità e caratteristiche architettoniche!

La foto che segue che raffigura proprio la pietra usata a Venezia come campione è presa dalla pagina http://www.venessia.com/curiosita.htm

Scacchi, Dama e Go in spiaggia

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Non sei socio? Nessun problema! Ti iscriverai in loco con soli 5€/anno e potrai così accedere da socio anche alla escape room il “Mercante di Venezia”.
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Informazioni info@escapevenice.it
www.escapevenice.it